Contrariamente alle aspettative, fare il turista a Bangkok per me si è rivelato un pochino complicato.
Non voglio allarmare chi sta per partire per questo paese meraviglioso: il popolo tailandese, in generale, è gentile ed ospitale. Condivido la mia esperienza solo per mettervi in guardia da qualche piccolo, possibile inconveniente. Se qualcosa vi sembra strano, drizzate le orecchie e fate ancora più attenzione del solito.
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Come sono stato “agganciato”
Mi trovo in città tutta la settimana per lavoro, ma il sabato mattina sono un semplice “turista a Bangkok” e decido di andare a visitare il Palazzo Reale e il Wat Poh (il famosissimo Buddha sdraiato). Esco dal mio Hotel e vengo investito dal solito micidiale sbalzo termico. Dai 18 gradi scarsi dell’aria condizionata nei luoghi chiusi ai 40-45° con 80% di umidità dell’esterno! Mi guardo in giro e, trovando Sukhumvit Road stranamente poco trafficata, evito sia lo Skytrain che la Metropolitana e mi infilo in un taxi dai colori improbabili.
Dopo una decina di minuti arrivo al piazzale adiacente il Palazzo Reale. Consegno qualche baht al taxista e scendo alla ricerca dell’entrata. Non appena mi avvicino a quello che mi sembra l’ingresso, un nero-vestito pseudo-poliziotto mi fa cenno in modo perentorio che no, non posso entrare!
Mentre sto ancora cercando di capire il perchè, mi si avvicina un personaggio che, in inglese, mi spiega che i “Farang” (i non-Thai, cioè gli stranieri) non possono entrare fino a mezzogiorno perchè siamo nel giorno di preghiera. “Vero”, penso, il prossimo lunedì, effettivamente, è festa nazionale. E, un minuto più tardi, sono già sul suo Tuk Tuk che, per 50 Baht (poco più di 1€), mi porterà a vedere un Buddha (in un’altra piazza) e, successivamente, in uno shopping center .
Ok, non era proprio quello che avevo in mente per la mia giornata da turista a Bangkok, ma almeno ho qualcosa da fare fino a mezzogiorno, quando proverò di nuovo ad entrare al Palazzo Reale
Il percorso in Tuk Tuk
Il conducente del Tuk Tuk mi porta a vedere la statua di un Buddha (niente di speciale) e mi aspetta per portarmi allo shopping-center. “Shopping … shopping “ ripete continuamente per i 5 minuti di tragitto e, quando si ferma, mi indica una grande porta in legno e vetro.
Il negozio di gioielli
Quello che nella mia testa dovrebbe essere un centro commerciale è, in realtà, in un negozio di gioielli. Non ci capisco più niente: mi giro su me stesso e ri-infilo la porta da cui sono venuto. Salendo sul Tuk Tuk chiedo nuovamente di essere portato al centro commerciale. Forse il conducente non ha capito, o mi sono spiegato male io: la comunicazione, in effetti, è difficile in questi posti.
“Shopping…. Shopping…” continua a ripetere il conducente del Tuk Tuk ed io (in Italiano, tanto in qualsiasi lingua la possibilità di essere compreso sarebbe stata la stessa..) “sì, ho capito. Ma adesso sbrigati che ho fame!”.
La sartoria tailandese
Il Tuk Tuk rallenta e si ferma davanti a uno dei milioni di negozi di sartoria che costellano le vie della città. Solo ora capisco: mi sta portando dai negozianti che, probabilmente, gli daranno qualche soldo se invita i suoi passeggeri ad entrare! Mi “scende la catena” e, con un inglese piuttosto colorito, “lo invito” a riportarmi dove mi ha prelevato! A questo punto, il conducente inizia improvvisamente a parlare inglese e mi spiega che, nei periodi “di magra”, porta i suoi passeggeri da alcuni “amici” che, in cambio, gli pagano la benzina. Mi chiede, quindi, solo di entrare e fare un giro (anche senza comprare nulla) in modo da aiutarlo a sbarcare il lunario.
Quasi mosso a compassione, entro nella sartoria solo per guardare…ma esco dopo aver acquistato due paia di pantaloni e due camicie fatte su misura! All’ingresso mi ha accolto un venditore che mi ha mostrato i tessuti che, garantiva, fossero europei (a dimostrazione di ciò mi ha mostrato anche quelli per gli arabi o i russi, di più bassa qualità). La cosa che mi ha lasciato più di stucco, sono stati i cataloghi di scarpe: sì facevano anche scarpe su misura, copiandole dai brand più famosi. La tentazione di uscire da lì con un paio di scarpe su misura è stata forte, ma ho deciso di provare, per questa volta, solo la tanto famosa sartoria Indo/Thailandese. Non volevo spendere più dell’equivalente di 80 €.
A completamento del servizio, mi hanno fatto trovare camicie e pantaloni direttamente nella mia camera di hotel l’indomani, insieme al mio numero identificativo nel loro database delle misure. Così, nel caso volessi in futuro altre camicie, dovrei solo scegliere la stoffa e il modello. Ottimo, per un turista a Bangkok!
Finalmente Palazzo Reale e Wat Poh
Risalito per l’ennesima volta sullo stesso Tuk Tuk, il mio ormai (quasi) fidato conducente ricomincia la stessa cantilena… “shopping … shopping…”. Ma questa volta il mio grugnito lo fa desistere immediatamente e, alla mia richiesta di riportarmi senza altre fermate al Palazzo Reale, non oppone alcuna resistenza.
Noto, però, che mi lascia in un altro punto, non lo stesso non lo stesso dal quale mi aveva prelevato… E’ proprio in questo momento, come nei migliori thriller, che tutti i tasselli dell’esperienza kafkiana trovano la giusta posizione. Uno schema ben rodato ha fatto sì che il tassista mi lasciasse davanti all’uscita del Palazzo Reale dove, giustamente, il poliziotto mi aveva fermato perchè, ovvio, mica potevo entrare dall’uscita! Il primo personaggio stava solo aspettando il momento giusto per sfruttare la perplessità del turista di turno per farlo salire sul Tuk Tuk per portarlo nei negozi “convenzionati”. Ferito più nell’orgoglio che altro, non mi rimaneva che entrare a vedere il bellissimo Palazzo Reale, e ne valeva la pena!
Una volta uscito, mentre mi dirigevo a piedi (sono solo poche centinaia di metri) verso Wat Poh, un altro personaggio “c’ha provato”, con la medesima “tiritera”: “oggi solo i Thailandesi possono entrare….”. Non gli ho fatto nemmeno finire la frase, l’ho letteralmente spostato da una parte e ho proseguito spedito.
Come in “Truffato a…”
Qualche anno dopo, su National Geographic, mi sono imbattuto in una serie intitolata “Truffato a…”, in cui venivano mostrate le truffe più comuni nelle varie città del mondo e… indovinate? La puntata su Bangkok descriveva esattamente quello che era successo a me, sia come modalità che come luoghi.
Il mio ego ferito si è sentito un po’ sollevato visto che alla fine, seppur anch’io vittima del tranello, me la sono cavata meglio di chi ha comprato gioielli per migliaia di euro, rivelatisi poi falsi, una volta a casa. Ma anche di quelli che se la sono presa con il conducente del Tuk Tuk, per poi trovarsi accerchiati da 50 Thai poco amichevoli o che, peggio ancora, hanno chiamato la polizia non sapendo che anche questa faceva parte della tela in cui erano caduti.
Mi sento, comunque, in dovere di aggiungere che, durante tutta la giornata, in nessun momento mi sono sentito in pericolo, seppur frustrato e innervosito dalla situazione. Alla fine sono cose che capitano, specialmente nelle grandi metropoli (nei 5 giorni a Chiang Mai di Francesca, ad esempio, non è mai capitato nulla del genere) di paesi nei quali noi “occidentali” siamo considerati “ricchi”. Niente di grave: alla fine, un paio di ore perse e qualche euro in meno in tasca, a noi non cambiano certo la vita.
Ma per tagliare la testa al toro, ho pensato una cosa: il prossimo sabato da turista a Bangkok lo passerò in una bella Spa!
Ebbravo Gabriele! Grazie della segnalazione
Una curiosità: le camicie sono ancora “su misura” o sono diventate a “misura” di qualcun’altro dopo il primo lavaggio?!?!